guatemala jun24

Guatemala: echi della Civiltà Maya

Un viaggio in Guatemala, tra siti Unesco, foreste sterminate ed echi della civiltà Maya rappresenta un’esperienza di crescita culturale e sociale

* *

In Guatemala la gente ha un sorriso che non trovi in nessun’altra parte del mondo.

Il lago Atitlán, da molti considerato il più bello al mondo, stende il suo drappo di acque blu sotto le pendici dei tre vulcani che lo sorvegliano. Ma se è vero che artisti e scrittori si sono lasciati ispirare da questo capolavoro, simbolo di un Paese dove la natura ha impresso il proprio marchio d’autore, la vera ricchezza del Guatemala, forse, sono le stesse persone che lo abitano. E la loro millenaria cultura. Sulle sponde del lago Atitlán, non è difficile incontrarne le tracce: a eccezione del paese di Panajachel, dove il turismo mostra il suo lato più commerciale, tutti gli altri pueblos, i villaggi, hanno mantenuto intatta la loro atmosfera e le loro peculiarità.

Lo si capisce fin dall’arrivo sul molo delle cosiddette lanchas (le piccole imbarcazioni a motore) che fanno la spola tra una sponda e l’altra del lago. Adagiata in un’ansa protetta, la cittadina di Santiago Atitlán è il punto di partenza per scoprire la cultura Maya di etnia tzu’tujil. Le vie del centro sono invase dal mercato, il luogo dove scorre la giornata guatemalteca: avvolte nei coloratissimi huipiles, le tradizionali camicette tessute a mano, le donne scivolano tra banchi di stoffe e verdura fresca, pile di camarones – i gamberi -, pomodori, litchi e avocado, accompagnate dagli “applausi” delle tante mani che, palmo contro palmo, impastano piccole tortillas di farina di mais.

Quando si procede verso gli altopiani del Quiché, a Sud, e si fa sosta al celebre mercato di Chichicastenango, l’occhio è ormai allenato a cogliere particolari e sfumature: l’incenso bruciato dalle donne sul sagrato della chiesa di Santo Tomás, i petali di crisantemo a ricoprirne i gradini, le bancarelle che si stendono fino alla cappella del Calvario, lì di fronte, offrendo stoffe, vasellame e antichi strumenti musicali.

Il connubio di suoni, sapori e colori si ripete ad Antigua Guatemala (chiamata comunemente Antigua o La Antigua), l’antica capitale, con le campane della cattedrale ad accompagnare il cammino lungo le vie acciottolate dal fascino decadente. Dopo essere passati sotto l’orologio dell’arco di Santa Catalina, si passeggia fino alla chiesa de La Merced, con i ricami barocchi che si adagiano, come un pizzo bianco avorio, sulla campitura gialla della facciata.
Tra giardini e chiostri – quello dell’antico collegio gesuita spicca per le raffinate colonne e i balconi in legno – si giunge poi al Parque Central, da ammirare dalle ringhiere in ferro battuto al piano superiore del Palacio de Ayuntamiento, la sede del municipio.

L’ultima tappa della giornata non può che essere dedicata a un buon rum invecchiato e a dell’ottimo cioccolato fondente, mentre fuori dai caffè, al fumo dei sigari si unisce quello che si vede salire in lontananza dal Fuego, il vulcano che custodisce e minaccia la città. Conoscendo la sua furia distruttrice, gli abitanti, da sempre, lo venerano come un dio. Ed è forse in questo connubio di dolcezza e violenza, di solennità e misura, che si nasconde l’essenza segreta del Guatemala.